Genere e scevà, dalla Crusca
La Crusca ha scritto un interessante articolo sui temi affrontati nell'ultimo episodio e al quale vi rimandiamo. I temi affrontati sono sostanzialmente gli stessi e le conclusioni, altrettanto, non virano da quelle a cui arriviamo noi nell'episodio 03.
Anche molti dei loro esempi sono sorprendentemente simili ai nostri, benché il loro articolo esponga ulteriori punti di vista molto interessanti, riportiamo due estratti interessanti qui:
"Chi, tra coloro che ci hanno scritto, propone di far ricorso al neutro per rispettare le esigenze delle persone che si definiscono non binarie, citando il latino, non tiene presente [...] che in latino (e in greco) il neutro non si riferisce se non eccezionalmente a esseri umani"
"Lo schwa opacizza invece spesso la differenza di numero, tanto che tra chi ne sostiene l’uso c’è stato chi ha proposto di servirsi di ə per il singolare e di ricorrere a un altro simbolo IPA, ɜ, come “schwa plurale”"
L'unica vera differenza che ci teniamo a riportare è che, a conclusione dell'articolo la Crusca osserva, giustamente, che non vi è necessità di creare un genere aggiuntivo per le persone non binarie o gender-fluid (ci sentiamo di specificare, però, che questo non deve scoraggiare nessuno dallo sperimentare con la lingua! Non necessario non significa sbagliato, né tantomento significa sconsigliato).
La Crusca afferma che si potrebbe anche estendere il maschile ad includere non solo chi si identifica come uomo, ma anche chi si identifica come non binario. La giustificazione è semplice: come diciamo anche nel terzo episodio, l'associazione tra genere grammaticale e identità di genere è arbitraria, non vi è motivo di associare così strettamente il maschile con gli uomini nello specifico, visto che il maschile serve spesso anche per parlare di donne. Nelle parole dell'Accademia:
"L’italiano ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, ma non il neutro, così come, nella categoria grammaticale del numero, distingue il singolare dal plurale, ma non ha il duale, presente in altre lingue, tra cui il greco antico. Dobbiamo serenamente prenderne atto, consci del fatto che sesso biologico e identità di genere sono cose diverse dal genere grammaticale. Forse, un uso consapevole del maschile plurale come genere grammaticale non marcato, e non come prevaricazione del maschile inteso come sesso biologico (come finora è stato interpretato, e non certo ingiustificatamente), potrebbe risolvere molti problemi, e non soltanto sul piano linguistico. Ma alle parole andrebbero poi accompagnati i fatti."
Vi consigliamo di leggere l'articolo nella sua interezza (clicca qui), in quanto ben scritto ed esposto, nonché ben più autorevole di noi di spsLing.